Libro antico: ” I miserabili “

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La mia grande passione per i libri e la lettura in genere mi ha sempre spinto a ricercare titoli fuori stampa, edizioni introvabili, stampe originali e ad avere una particolare predilezione per i libri antichi. La passione per la lettura è una tradizione di famiglia pertanto non ho dovuto faticare molto per trovare delle edizioni risalenti agli inizi del ‘900 ed alcune persino dell’ Ottocento. L’immagine che vedete ritratta qui sopra è tratta da un volumone di ben 1035 pagine la cui edizione, a cura dell’ editore Adriano Salani, Firenze risale al 1920. Nella prima pagina campeggia un ritratto di Victor Hugo, il cui profilo, guardando attentamente, è facile riconoscere anche impresso ( in rilievo) sulla copertina del romanzo I Miserabili.  Per quanto concerne la traduzione, a parte la dicitura ” Nuova Traduzione Italiana” non è riportato alcun nome per il traduttore, o i traduttori. Al contrario, gli acquerelli sono dei pittori Gino Starace e Carlo Chiostri.

Sono un’appassionata di buona letteratura e leggo volentieri in lingua originale le opere degli autori più svariati, ma la letteratura francese mi ha sempre affascinato particolarmente. Victor Hugo è uno dei più grandi autori francesi in quanto ha saputo riunire nelle sue opere un caleidoscopio di toni, temi, ispirazioni e generi, dal teatro alla poesia al romanzo,dal più futile dei temi al più impegnato.

romanzo di grande successo popolare I Miserabili ha avuto fortuna fin dalla sua comparsa : romanzo storico, epico, sociale, filosofico e didattico, sentimentale. Il romanzo infatti offre un grande affresco sociale molto realista dal 1815 al 1832 in cui l’intreccio degli intrighi dà l’impressione di una moltitudine di realtà. Tuttavia Hugo è più preoccupato della morale e dell’aspetto spirituale dei suoi personaggi che dell’analisi sociologica. Il suo romanzo racconta il passaggio dalle tenebre alla luce, il cammino del male verso il bene, la storia della salvezza delle anime ” miserabili”, vittime di un ordinamento sociale ingiusto.

La vicenda ruota intorno alle vicende di Jean Valjean che è stato condannato ai lavori forzati per aver rubato del pane. Dopo l’evasione Valjean trova asilo presso il vescovo di Digne, Myriel, ma lo deruba di due candelabri d’argento e fugge. Quando viene ripreso dai gendarmi il vescovo testimonia in suo favore. Valean è profondamente colpito da tanta generosità, e cambia vita. Diventa così un onesto cittadino sotto il falso  nome di Madeleine. Fantine, una povera donna sedotta e abbandonata con la figlia Cosette ( vd. immagine), è arrestata e maltrattata dal commissario Javert; interviene Valjean che, diventato nel frattempo sindaco, la fa rilasciare. questa clemenza conferma Javert nel sospetto che Valjean e Madeleine siano la stessa persona. Tempo dopo un disgraziato, un certo Champmathieu, viene scambiato per il forzato, ancora ricercato. Dopo una dolorosa lotta interiore , Valjean, in pieno tribunale, rivela la propria identità. Lasciato momentaneamente libero, assiste Fantine moribonda e le giura che veglierà su Cosette; poi si rifugia a Parigi. Cosette va a servizio dal bieco Thénardier. Valjean, ripreso da Javert, evade ancora una volta; ma tutti lo credono annegato. egli salva Cosette, strappandola a Thénardier, e le trova un rifugio sicuro. Adesso si fa chiamare Fauchelevent : diventa amico di un giovane repubblicano, Marius, che ama Cosette.

Durante i moti del 1832, Valjean si batte sulle barricate con Marius e il monello Gavroche. Gli viene affidato in custodia Javert, preso prigioniero : generosamente lo mette in libertà, poi salva Marius ferito. Guarito, Marius sposa Cosette ma scopre la vera identità del padre adottivo della ragazza. Non sapendo che è proprio lui che lo ha salvato, il giovane allontana Cosette dall’anziano padre che rimane solo. Quando però infine scopre la verità Cosette vedrà per l’ultima volta l’uomo che si è preso cura di lei come un vero padre. A quel punto Jean Valjean può morire sapendo di aver mantenuto fede alla promessa fatta a Fantine. Quando muore, al suo capezzale i ceri ardono nei candelabri del vescovo.

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