L’ ULTIMA FASE DI HENRY JAMES :L’ Europa, l’America e il “dramma di coscienza”.

L’idea di scrivere un articolo sulle opere del grande scrittore anglo-americano Henry James nasce da una riflessione suscitata dal lavoro di Italo Calvino Perché Leggere i Classici. Mi sono chiesta infatti perché dovremmo leggere i romanzi di Henry James? E, soprattutto, perché soffermarci proprio su quelli della cosiddetta  fase maggiore?

Cosa avranno da dirci ancora delle opere scritte agli inizi del secolo scorso? La risposta è sorta spontanea: si tratta di classici! E, secondo Calvino, oltre ad essere libri che non hanno mai finito di dire quel che hanno da dire, i classici sono  “quei libri che costituiscono una ricchezza per chi li ha letti e amati; ma costituiscono una ricchezza non minore per chi si riserba la fortuna di leggerli per la prima volta nelle condizioni migliori per gustarli.” Al di là di ogni possibile analisi critica, uno dei piaceri derivanti dalla lettura delle opere della fase maggiore è il fatto che l’autore ci induce, volenti o nolenti, a rallentare il ritmo di lettura. Risulta infatti quasi impossibile percepire il vero significato di queste narrazioni con una lettura estensiva, rapida per così dire. Ciò deriva dal fatto che nei romanzi della maturità James si specializza nel periodo articolato che richiede un’attenta lettura lenta e meditata. I romanzi della cosiddetta ultima fase di Henry James, portando su di sé la traccia che hanno lasciato nelle culture che hanno attraversato – in particolar modo quella Europea ed Americana – costituiscono la prova e la dimostrazione che l’appellativo “The Master” attribuito al grande scrittore è più che meritato.

Per chi si dedica allo studio della letteratura inglese, come anche per chiunque provi un minimo di amore verso i grandi classici letterari, leggere James oggi è, oltre a un esercizio di stile, un modo per aprire gli occhi un po’ di più ad una realtà non sempre piacevole ma avvincente. Lo scrittore cerca di portare alla luce, attraverso la scorza di una facciata di perfezione e di buone maniere, la corruzione dell’anima di personaggi come Kate Croy, Madame de Vionnet o il Principe Amerigo. Costoro, incuranti della virtù e dell’ingenuità delle “donne alate” provenienti dall’Eden del Nuovo Mondo, non esitano a mettere in pratica inganni, tranelli e finzioni pur di raggiungere il proprio  scopo.

Divisa generalmente in tre periodi, la carriera letteraria di Henry James inizia con il periodo dell’apprendistato e del successo, della scoperta dei grandi temi cosmopoliti e del loro sfruttamento e termina con il trionfo di The Portrait of a Lady ( Ritratto di Signora). Il secondo periodo è stato spesso definito quello dei romanzi  “sociali”; così dalle opere giovanili ispirate alla scena contemporanea e al realismo del costume, l’autore passa alla scoperta del realismo psicologico ove preponderante è l’indagine minuziosa della coscienza. Segue il tentativo del romanzo naturalista e la sperimentazione con forme narrative modellate su quelle teatrali, sfiorando il dubbio sulle possibilità stesse della narrativa per arrivare infine ai romanzi della sua ultima fase, la cosiddetta “major phase”, così definita dal famoso saggio dal titolo analogo di F.O.Matthiessen.

La “fase maggiore” coincide col primo Novecento e col dilatarsi della scrittura e l’infittirsi di sottigliezze e ambiguità; essa abbraccia i tre romanzi che James pubblicò tra il 1902 e il 1904 : The Wings of the Dove ( Le ali della colomba , 1902 ) , The Ambassadors ( Gli ambasciatori , 1903 ) e The Golden Bowl ( La coppa d’oro , 1904 ).

La fase dell’ultimo periodo è fondamentale soprattutto per l’influenza che ha avuto sul romanzo del ventesimo secolo. Primo grande realista psicologico del nostro tempo, James   preannuncia  e precorre molti dei nostri dubbi e incertezze, perplessità e ambiguità di fronte ai misteriosi viluppi della coscienza.

Nelle sue ultime opere infatti James si concentra sulla mente dell’individuo tanto che i romanzi di questa fase possono essere definiti come “ storie di una coscienza”,  di una coscienza alle prese col mondo che diventa l’oggetto stesso del racconto, la storia stessa. Per ognuno dei personaggi fare le proprie scelte significa analizzare la propria situazione, interpretarne ogni aspetto, ricavarne il massimo di significato. Il primo degli obiettivi di questo saggio è dunque quello di dimostrare come, con i romanzi della “fase maggiore”, James rompa definitivamente con la tradizione Vittoriana del realismo narrativo e si dedichi a ciò che è stato definito come  “realismo psicologico”, ovvero una esplorazione dei sentimenti, dei dilemmi dell’esistenza,  della complessità delle relazioni umane e lo studio dell’animo umano in tutti i suoi aspetti più minuziosi. L’interesse per l’esperienza interiore della realtà dell’animo e della coscienza, delle motivazioni profonde e segrete, delle vibrazioni dell’inconscio, fa nascere i personaggi dell’ultima fase di James. Si tratta di personaggi tormentati dai dilemmi della coscienza che, affiancati nel loro viaggio verso la conoscenza da quei “riverberatori” , osservatori timidi e distaccati, ai margini del flusso della vita , che vivono appunto di riflesso, giungono al termine della loro disperata ricerca di apprendimento e di sapienza di vita non senza la inevitabile delusione provocata dalla scoperta finale dell’inganno subito.

I protagonisti dei tre romanzi della fase maggiore possono essere considerati come quei “centri di coscienza” creati dall’autore grazie all’adozione del “ punto di vista limitato”, che tuttavia non sono “limitati” nel senso comune della parola. Si tratta infatti di coscienze superiori, intensamente percettive, sempre lucide, ironiche e dotate di una sconfinata curiosità. Rappresentanti, forse, dell’intelligenza umana al suo massimo livello, essi presentano tuttavia un elemento in comune in grado di ridurre la loro facoltà percettiva: le passioni. Si tratta di passioni distruttive che costituiscono il motivo fondamentale e ricorrente che percorre e rende unitarie le tre opere della “fase maggiore”. Mascherate in modo talmente sottile che risulta difficile riconoscerle come pericolose, l’amore, la ricerca disperata di realizzazione della propria personalità, il desiderio di conoscenza sono virtù che cessano di essere delle qualità e si trasformano in peccati. E’ per questo motivo che ne  Le Ali della Colomba, Gli Ambasciatori e La Brocca d’Oro  gli eroi e le eroine al centro della narrazione sono capaci di vedere solo un aspetto parziale del mondo delle apparenze. Tale limitazione li conduce, al momento di effettuare la loro scelta morale, ad essere fatalmente destinati a soccombere, vittime della loro incapacità di accorgersi dei propri errori prima che sia troppo tardi.

                       

Di volta in volta osannato o vilipeso Henry James resta  una pietra miliare della scrittura mondiale, un elemento cardine cui guardare quando si pronuncia la parola romanzo. Il filo conduttore tra le situazioni drammatiche di questi romanzi è senz’altro la schiera dei personaggi impegnati in una più o meno consapevole battaglia per evitare di confrontarsi con la verità. Essi  fanno di tutto per evitare di effettuare una scelta tra le varie possibilità che si presentano loro. Vediamo così come Strether e Milly ingannino se stessi circa la vera natura della realtà che li circonda, come Densher resti deluso della natura delle proprie azioni, e come Kate neghi semplicemente di trovarsi di fronte ad un dilemma di tipo morale. Tuttavia, oltre ai temi quali la menzogna, l’illusione, la coscienza e l’autoinganno che emergono piuttosto evidenti nei tre romanzi, ce n’è un altro che si insinua sottile tra le righe e che non viene mai esplicitato in modo scoperto: l’idea del Male. Non si tratta di un Male di tipo fisico oppure inteso in senso teologico ma di un male morale. James dice “la Vita è una battaglia. Il Male è insolente e forte…” ed è proprio in queste parole che è racchiusa tutta la modernità del grande Maestro. Il Male infatti è una piaga endemica senza tempo che si sviluppa tanto nei bassifondi quanto nei lussuosi salotti dell’upper class. L’intento di James è di mostrare la debolezza degli esseri umani declinata in tutte le sue possibili sfaccettature. Così i suoi romanzi sono popolati da donne avide e cattive, uomini deboli e annoiati, ma anche donne orgogliose e strettamente legate agli ideali del Puritanesimo. In un orgoglio smisurato, in una ingenuità accecante o anche un in un eccesso di sensibilità o di immaginazione si cela e si apposta il Male. E nei romanzi della major phase esso costituisce sempre la premessa o la promessa della sconfitta. Il male, dunque, in The Wings of the Dove, The Ambassadors e The Golden Bowl, è personificato in personaggi e situazioni concrete. La preoccupazione dell’Autore per il Male riguarda un aspetto della realtà ed è per questo motivo che nelle tre opere in questione, l’errore che condanna al fallimento morale sia gli “eroi” che i “villains”,  non è solo  il rifiuto di vedere la realtà con le necessarie limitazioni che essa comporta, ma anche il desiderio di avere tutto senza attuare alcun tipo di rinuncia. La differenza che li distingue è da ricercarsi nella natura delle loro illusioni.  Così, in The Wings of the Dove (1902) il Male si personifica nel piano diabolico concepito da Kate Croy di far sposare il suo fidanzato Merton Densher con “l’ereditiera” americana Milly Theale, gravemente malata per ereditarne l’immensa fortuna e poi sposare lei, ragazza priva di mezzi economici. La giovane non esita a manipolare freddamente la vita di altre persone attraverso l’inganno sapientemente calcolato; ma allora perché l’autore decide di sabotare deliberatamente l’ingegnoso piano dopo aver creato una strategia così perfetta?

Alla fine del romanzo, James, condannando l’ingegnoso piano, condanna il carattere della giovane donna europea. Se da un lato lo scrittore rivela al lettore le vicissitudini del giudizio umano e l’indifferenza della violenza che sta alla base dell’ordine sociale, dall’altro vuole evitare di farci assistere e partecipare alla violenza distruttiva provocata dall’impresa “malvagia” della “ pantera” londinese.

Ciononostante, il Male progettato da Kate Croy non è stato completamente eliminato in quanto è un potenziale sempre latente che aspetta solo qualcuno che lo metta in atto fino alla fine. E infatti una strategia similmente ambigua viene attuata da Maggie Verver, l’eroina di The Golden Bowl, che in tal modo da “heroine” si trasforma in “villain”.

Sia gli eroi che i “villains” credono enormemente alle apparenze, pertanto le stesse dolorose lezioni vengono apprese troppo tardi da entrambe le parti. Le vittime jamesiane condividono il peso della responsabilità morale con i loro aguzzini. La colpa di Milly, Strether e Maggie scaturisce infatti da una volontaria cecità, un autoinganno creato appositamente per giustificare i propri desideri, le proprie passioni distruttive.  E i fatti mostrano sempre che la realtà effettiva è ben lungi dal rispecchiare i desideri di un dato personaggio.

Strether, Kate Croy, Milly Theale, Maggie Verver, ognuno a modo suo vuole il migliore dei mondi possibili, il migliore o niente. Ecco il motivo per cui vediamo una Milly Theale mentre guarda giù dall’alto del suo promontorio e desidera tutti i “regni della terra”; Kate Croy che rifiuta di avere Densher senza denaro, o il denaro senza Densher, e Maggie Verver che cerca di tenersi sia il marito che il padre. Anche Strether si rifiuta di scegliere o di giungere ad un compromesso tra le possibilità di vita rappresentate dall’Europa e quelle morali rappresentate dall’America e sceglie l’esilio permanente da entrambi i paesaggi della propria anima.

Nessuno tra i personaggi di James, eroe o villain, ottiene mai ciò che desidera. Oppure, se per caso riesce ad ottenere ciò che ritiene essere l’oggetto della sua passione, questo si trasforma in un pericoloso veleno che finisce per annientarlo. Così Kate riceve il denaro tanto desiderato, ma solo perché ha perso l’uomo che ama. Allo stesso modo Maggie riesce a tenersi il marito ma scopre di non riuscire a guardarlo negli occhi per paura di leggervi ciò che ella stessa ha fatto: a lui, a Charlotte, a suo padre e a se stessa. Dalla attenta lettura delle opere della major phase sembra emergere pertanto quella che è la morale dell’Autore alla base di ognuna delle tre narrazioni. A dispetto dell’avidità, della fame, dell’ovvio desiderio di gratificazione che caratterizza i notevoli personaggi di quest’ultima fase, essi sono nondimeno condannati ad una vita di perdita, dolore e frustrazione. Accecati dalle loro pericolose passioni vanno  incontro all’ignoto dopo aver imparato, a proprie spese, che la vita si rivela non come ci si sforza di prevederla, ma come inaspettatamente è.

 

Valentina Corrente

BIBLIOGRAFIA

 

  1. Bell, M. Meaning in Henry James, Harvard University Press, 1993.
  2. Sears, S, The Negative Imagination : Form and perspective in the novels of H.J., Ithaca, Cornell University Press, 1968.
  3. Walton, P.L. , The Disruption of the Feminine in Henry James, University of Toronto Press, 1992.
  4. Interpretation of American Literature, edited by Feidelson, C. and Brodtkorb, P., N.Y, Oxford University Press, 1959.
  5. Chatman, S., The Later Style of H.J, Oxford Basil Blackwell, 1972.
  6. Segal, O., The Lucid Reflector :The Observer in H.J.’s Fiction, New Haven and London, Yale University Press, 1969.
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  16. Citati, P., Il Male Assoluto: nel cuore del romanzo dell’Ottocento, Milano, Mondadori,2001.

2 comments

  1. Antonio · aprile 21, 2012

    Complimenti. Non ho mai letto nulla di James, anche se è sempre stato nella lista degli autori “da leggere”. Il tuo articolo mi conferma che prima o poi dovrò colmare questa lacuna. 🙂

  2. massimilianodemaio · aprile 25, 2012

    NON CREDEVO CHE UN AUTORE DEGLI INIZI DEL XX° SECOLO POTESSE ESSERE COSI’ ATTUALE.
    HO LETTO CON ATTENZIONE IL TUO SAGGIO, DA CIMA A FONDO SENZA MAI INTERROMPERE LA LETTURA.
    COMPLIMENTI!
    SEI RIUSCITA A FARMI PROVARE UN FORTE INTERESSE PER QUESTO SCRITTORE ANGLO-AMERICANO.

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